MENU

Una devozione eterna come il marmo


UNA DEVOZIONE ETERNA COME IL MARMO

A Jacopo Bassano, imitato poi dal figlio Francesco, si deve l’innovazione di dipingere scene della Passione su piccole lastre di pietra scura, lasciate in parte a vista e ravvivate da tocchi d’oro. I pittori veronesi, Pasquale Ottino e Alessandro Turchi, che seguono l’esempio dei Bassano, usano superfici lucidissime di lavagna perriflettere l’immagine dello spettatore, rendendolo così partecipe della scena rappresentata. Lo sfondo scuro è adatto ai soggetti tragici e al loro ruolo devozionale per la preghiera serale. Per questo alcuni erano appesi ai capoletti di cardinali. Il Cristo morto con Maddalena e angeli di Turchi, commissionato dal cardinale Scipione Borghese, nel 1650 era esposto alla villa nella Stanza del Sonno, insieme all’Allegoria del Sonno in marmo nero di Alessandro Algardi.

Il poco noto collezionista Benedetto Martiniani, da cui il cardinale Scipione Borghese acquistò vari dipinti, sembra avere fatto eseguire a Pasquale Ottino e Alessandro Turchi lo stesso soggetto su lavagna, la Resurrezione di Lazzaro, per metterli in gara: la pietra nera, rivelando verità e autenticità, è in grado di svelare la virtù di chi la dipinge o scolpisce.

Da fine Cinquecento si diffonde a Roma la moda di dipingere su marmi colorati e venati, preparati in botteghe di tagliatori di pietre. Questa nasce dall’interesse per le immagini che apparivano spontaneamente in alcune pietre, senza un intervento umano, che erano considerate miracolose se di soggetto religioso. L’altarolo portatile a due facce di Sigismondo Laire, firmato e datato nel 1594, è il primo dipinto di questo genere a cui si può attribuire una data precisa. È su agata, una pietra associata alla Vergine; semitrasparente, fa passare i raggi di luce che sono parte integrante del soggetto dell’Annunciazione. Dipingere un soggetto religioso su materiale di scavo, come in questo caso, significa riadattare e convertire a un uso cattolico ciò che aveva costituito il tessuto della Roma pagana.

I pittori adattano la loro opera alle vene della lastra, come fa Antonio Tempesta nell’Adorazione dei Magi, in cui inverte la composizione rispetto ad altre versioni del soggetto per sfruttare come aureole due aree tondeggianti nell’alabastro. Gli effetti di luce ottenuti da pietre semitrasparenti sono replicati anche nel rame con la Madonna, il Bambino e san Francesco di Antonio Carracci dei Musei Capitolini. La pittura su pietra è spesso derivata da stampe o da dipinti celebri, a volte con modifiche che enfatizzano il supporto: nella Sacra famiglia in collezione privata, derivata da un’incisione di Guido Reni, il Bambino poggia sul sepolcro lapideo, non su una tavola d’altare come nella stampa, alludendo così al suo sacrificio.

 

 

 




Newsletter

Acconsento al trattamento dei dati per le finalità indicate nell'informativa ai soli fini dell'invio della Newsletter ai sensi dell'art. 13 del Regolamento Europeo per la Protezione dei dati personali (GDPR). Se vuoi ulteriori informazioni consulta l’informativa