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Sala di ​Apollo e Dafne

Sala 3


La sala fu decorata su progetto di Antonio Asprucci (1723-1808) tra il 1780 e il 1785.

Il dipinto al centro della volta, Amore colpisce Apollo con la freccia della passione amorosa, mentre Dafne è colpita da un’altra di segno contrario, è strettamente legato al celebre gruppo berniniano di Apollo e Dafne, da cui la stanza prende il nome. La tela, opera del pittore Pietro Angeletti (1758-1786), rappresenta i diversi momenti del racconto narrato da Ovidio nelle Metamorfosi. Al centro  è raffigurata la metamorfosi di Dafne in albero di alloro, cui assistono Peneo e  Gea, genitori della ninfa e alcune divinità fluviali.

Allo stesso Angeletti devono attribuirsi le allegorie delle Stagioni, dipinte a monocromo entro finte nicchie, mentre le quadrature prospettiche della volta, composte da nicchie a grisaille tra telamoni e cariatidi, spettano a Giovanni Battista Marchetti (1730-1800).

Il gruppo di Apollo e Dafne, realizzato da Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) tra il 1622 e il 1625, era originariamente addossato alla parete confinante con la cappella. Fu trasferito nella posizione attuale alle fine del XVIII secolo, quando l’arredo della stanza venne concepito in relazione alla scultura, come documenta un disegno dell’architetto francese Charles Percier (1764-1838). Un esplicito riferimento ad  Apollo è inoltre costituito dalla testa colossale marmorea della divinità, opera del II secolo a.C.

Al tema della metamorfosi riconduce la tela con Apollo e Dafne di Dosso Dossi (ca. 1486-1542), autore anche della Melissa, ispirata all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (1518 ca).



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