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LA GALLERIA BORGHESE RACCONTA UN CAPOLAVORO: LA MAGA CIRCE DI DOSSO DOSSI


LA GALLERIA BORGHESE RACCONTA UN CAPOLAVORO: LA MAGA CIRCE DI DOSSO DOSSI

Dosso Dossi è stato il pittore di corte di Alfonso I d’Este dal 1514 e di quel signore ha espresso gli ideali artistici, letterari, cavallereschi. Estroso e affabile, fu molto amato dal duca, come afferma Vasari: “…prima per le sue qualità nell’arte della pittura, poi per le sue piacevolezze che molto al duca dilettavano”.

La (cosiddetta) Maga Circe, il quadro più noto di Dosso, nasce in quella corte così fervida di attività artistiche e culturali, che vide la genesi di uno dei maggiori poemi della letteratura italiana, l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, dedicato dal poeta a Ippolito d’Este, fratello di Alfonso.

Il dipinto raffigura una donna connotata senza dubbio come una maga: indossa un turbante e un abito piuttosto estroso, è seduta all’interno di un cerchio magico con scritte runiche, ha accanto a sé un braciere da cui accende una fiaccola e in braccio una tavoletta con segni cabalistici incomprensibili. La presenza di un grosso cane al suo fianco, dallo sguardo stranamente umano, e di un’armatura ha indotto a identificare la figura con Circe, la maga che nell’Odissea trasformava gli uomini in bestie: la prima citazione con questo nome risale al 1790.

In realtà nel dipinto sono pochi gli elementi iconograficamente riconducibili alla Circe omerica. Fin dal 1900 una cospicua parte di studiosi si è orientata piuttosto nell’identificare la donna con la maga Melissa, protagonista di cruciali episodi dell’Orlando Furioso. Melissa è la fata buona che libera i cavalieri cristiani e saraceni dall’incantesimo malvagio della maga Alcina, che li aveva trasformati in animali, pietre e piante. Questa interpretazione spiegherebbe meglio la presenza dell’armatura, del cane (e non dei porci di Circe), dell’uccello e dei fantocci appesi all’albero che richiamano le “imagini”, le figure simboliche utilizzate da Alcina per il suo incantesimo: “a Melissa […]  diede grande agio/di gir cercando ogni cosa a sua posta,/ imagini abbruciar, suggelli tòrre,/ e nodi e rombi e turbini disciorre”(canto VIII, 14).

Nel terzo canto del poema Melissa è descritta mentre traccia un cerchio magico (affine a quello del dipinto), l’inizio di una magia bianca e di un vaticinio.  Melissa infatti è anche colei che profetizza a Bradamante che dalle sue nozze con Ruggiero nascerà la stripe degli Este. Dosso, con originalità e gusto del fiabesco, offre una sintesi dei passi dell’Orlando Furioso in cui è citata la maga e la rappresenta mentre compie un incantesimo liberatore.  Il dipinto, datato al 1516/18, ovvero a ridosso della pubblicazione del poema ariostesco, mostrerebbe lo stesso intento encomiastico nei confronti della casata estense e della sua raffinata corte.

Il restauro ha rivelato numerosi pentimenti: in particolar modo i raggi X hanno mostrato come accanto alla maga fosse inizialmente raffigurato un cavaliere in piedi. E’ possibile che fosse il paladino inglese Astolfo, citato da Ariosto: “Fu inanzi agli altri il duca degl’Inglesi / ad esser ritornato in uman volto”, ovvero il primo salvato da Melissa. Dosso, in un secondo tempo, avrebbe cambiato idea e rimaneggiato l’opera, sostituendo la figura con il cane dall’occhio umano e gli alberi.

La tela è arrivata nella Villa Pinciana insieme ad altre opere inviate a Scipione Borghese dal legato pontificio a Ferrara cardinal Bentivoglio; è citata per la prima volta nell’inventario di Manili del 1650.

 

 

 

 

 

 

 




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