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Adorazione del Bambino

Della Porta Bartolomeo detto Fra Bartolomeo

(Prato 1472 - Firenze 1517)

Il dipinto, di provenienza ignota, è stato finora rintracciato negli inventari Borghese solo a partire dal 1790. La sua attribuzione è stata a lungo discussa, ma è oggi concordemente riferita a Fra’ Bartolomeo (Bartolomeo della Porta) sulla scia di una felice intuizione di Roberto Longhi. L’esecuzione dell’opera risale all’ultimo decennio del Quattrocento, quando il giovane pittore, conclusa la sua formazione presso la bottega di Cosimo Rosselli, guarda con interesse all’operato di artisti quali Piero di Cosimo e Leonardo da Vinci.


Scheda tecnica

Inventario
439
Posizione
Datazione
1495 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 87 (diametro)
Cornice

‘600 (con festoni d’acanto) diam. cm. 123 spess. 9

Provenienza

Collezione Borghese, citato in Inv. 1693, St. II, n. 18 (?); Inv. 1790, St. VIII, n. 39; Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, p.11, n. 2

Mostre
  • 1992-1993 Firenze, Palazzo Strozzi
  • 1996 Firenze, Palazzo Pitti
  • 2004-2005 Roma, Galleria Borghese
  • 2015 Firenze, Galleria degli Uffizi
Conservazione e Diagnostica
  • 1903 Luigi Bartolucci
  • 1917 Tito Venturini Papari
  • 2000 Enea (indagini diagnostiche)
  • 2004 Elisabetta Caracciolo, Elisabetta Zatti
  • 2009 Luigi Capasso (indagini diagnostiche)

Scheda

Questo olio su tavola in formato circolare rappresenta l’Adorazione del Bambino in uno scenario aperto, in cui i due elementi architettonici in rovina lasciano intravedere un ampio paesaggio. In primo piano Maria e Giuseppe sono raffigurati in ginocchio di fronte al Bambino che giace nudo su un cuscino poggiato a terra, mentre tende una mano verso la madre. La resa degli elementi vegetali è attenta e particolareggiata mentre i rapporti prospettici tra il primo piano e lo sfondo non sono del tutto esatti (Stefani 2000, p. 230).

Il quadro, di provenienza indeterminata, è stato riconosciuto nell’inventario del 1790 alla voce “Tondo rappresentante la Sacra Famiglia, Raffaelle. Opera incompiuta di Piero di Cosimo” e in quello fidecommissario del 1833 è descritto come “Un Presepe di Lorenzo Creti, in tavola, tondo del diametro di palmi 3, oncie 11” (Della Pergola 1959, p. 16). Procedendo a ritroso negli inventari, emerge che la stessa opera potrebbe essere identificata già nell’elenco del 1693 come “un quadro tondo con la Madonna, Bambino e San Gioseppe con cornice e riporti intagliata di 4 palmi del No (sic) di Raffaele”, elemento che permetterebbe di collocare la tavola in collezione Borghese almeno a partire da tale anno.

L’attribuzione dell’opera è stata a lungo discussa, gravitando nell’orbita di Lorenzo di Credi, artista indicato nell’inventario fidecommissario, già a partire dai primi anni del Novecento, quando Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle 1914, p. 39) accosta il tondo Borghese ad un altro di stesso soggetto conservato a Palazzo Pitti (Firenze), ritenendoli entrambi di scuola. Il parallelo con la tavola fiorentina, successivamente ricondotto alla mano di Cosimo Rosselli (Fahy 1969, p. 143), ritorna costantemente nell’analisi critica del tondo Borghese, mentre il nome di Lorenzo di Credi, insieme a quello di molti altri artisti proposti dagli studiosi, viene progressivamente abbandonato in favore dell’assegnazione dell’opera a Fra’ Bartolomeo (Bartolomeo della Porta), secondo una felice intuizione di Roberto Longhi (1928, pp. 36-43, 221; per un riepilogo delle varie attribuzioni avanzate si veda Della Pergola cit.; Padovani 2015, p. 274). L’opinione del critico, oggi accolta all’unanimità, trova una definitiva affermazione intorno alla metà del Novecento, quando anche Paola Della Pergola (cit.) cataloga il dipinto sotto il nome dell’artista (si veda anche Bacci 1966, p. 127).

La datazione intorno al 1495 proposta dallo stesso Longhi (cit.) si adatta allo stile dell’opera, tipica di quegli anni in cui l’artista, all’indomani dell’uscita dalla bottega di Rosselli, guarda con attenzione all’avanguardia verrocchiesca, da Leonardo al Ghirlandaio, da Lorenzo di Credi a Piero di Cosimo (Padovani cit.). Un influsso di quest’ultimo, a lungo presente nella bottega di Rosselli, è visibile sia nel paesaggio, sia nella volumetria delle figure; di matrice leonardesca è invece la tecnica con cui vengono modellati i personaggi attraverso l’uso del chiaroscuro, nonché l’articolazione complessa del San Giuseppe inginocchiato. La scelta di un taglio compositivo tradizionale, simile a quello del tondo di Palazzo Pitti, appare legata alla formazione presso Rosselli, pittore di cultura più arcaica (Fahy cit.; Venturini 1992, p. 79; Padovani cit.).

In relazione all’opera sono noti alcuni disegni per la figura del Bambino (Vienna, Albertina) e per quella della Vergine (Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins) e una replica conservata all’Ashmolean Museum di Oxford, da ritenersi cronologicamente prossima al tondo Borghese (Padovani 2014, pp. 21-22). Infine, per vicinanza stilistica, si ricorda anche una Natività presso l’Alte Pinakothek di Monaco, considerata autografa da Fahy (cit.).

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
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  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, pp. 36-43, 221;
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  • R. van Marle, The Development of the Italian School of Painting, XIII, The Hague 1931, p. 353;
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