La caccia di Diana
Zampieri Domenico detto Domenichino
(Bologna 1581 - Napoli 1641)
Commissionata dal cardinale Aldobrandini per la villa di Frascati, l’opera fu sottratta al pittore – trattenuto in prigione per alcuni giorni – dalla spietatezza collezionistica di Scipione Borghese.
Nel 1617, a parziale risarcimento del singolare espediente persuasivo, a Domenichino venne saldato un pagamento di 150 scudi riferito a entrambi i dipinti dell’artista presenti nella collezione, La caccia di Diana e la Sibilla, esposti nella medesima sala.
Con fantasia narrativa Domenichino rielabora e sintetizza lo stile dei celebri Baccanali tizianeschi, la limpidezza di Raffaello, la sensualità del Correggio. Perni della composizione sono le due ninfe in primo piano: una rivela la calibrata impalcatura di piani diagonali derivata dai Carracci, l’altra cerca lo sguardo dello spettatore invitato a violare l’apparizione della divinità, simbolo di castità e seduzione. Le altre fanciulle sono articolate ritmicamente intorno a Diana, rappresentata al culmine di una gara con l’arco – secondo il racconto di Virgilio (Eneide, V) – immediatamente prima del castigo inflitto ai voyeurs profanatori, nascosti tra i cespugli e annunciati dal levriero in procinto di attaccarli.
La tavolozza è chiara, la luce diffusa, le ombre ottenute con delicate velature sovrapposte.
Scheda tecnica
Materia / Tecnica | olio su tela, cm 225x320
Inventario | 53
Collezione del cardinale Scipione Borghese (1617)