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Le tre Grazie

Salimbeni Ventura

(Siena 1568 - 1613)

Questa tela, già attribuita a Francesco Vanni e a Rutilio Manetti, è stata recentemente restituita al catalogo di Ventura Salimbeni, appartenuta con molta probabilità a monsignor Torquato Perotti e passata in collezione Borghese entro il 1693.  L'opera rappresenta le tre Grazie, divinità connesse al culto della natura e della vegetazione il cui abbraccio, allusivo alla triplice natura dell'Amore, rimanda a un gesto di offerta e di rendimento di grazie. Ad assistere alla scena, Eros e Anteros, ritratti rispettivamente in volo, armato di frecce, e giacente su un sasso dopo aver deposto l'arco e la faretra.


Scheda tecnica

Inventario
527
Posizione
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 35 x 41
Cornice
Cornice ottocentesca decorata con palmette (cm 42,5 x 49 x 5,7)  
Provenienza
(?) Roma, collezione Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, 1607 (Inv. 1607, n. 55; Della Pergola 1959); (?) Roma, collezione Torquato Perotti (Gallo 2013); Inv. 1693, St. VI, n. 20; Inv. 1790, St. VII, n. 19; Inventario Fidecommissario, 1833, p. 12; Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1978 Siena, Palazzo Pubblico
  • 2000 Bergamo, Accademia Carrara
  • 2005-2006 Firenze, Museo degli Argenti

Scheda

La provenienza di questo dipinto è tuttora incerta. Secondo Paola della Pergola (1959) giunse con buona probabilità in collezione Borghese nel 1607, insieme a molte altre opere sequestrate al Cavalier d'Arpino accusato dai fiscali di Paolo V di detenzione illegale di armi da fuoco. La studiosa, infatti, individuò questa teletta con il "quadretto con tre figure di Baccanali senza cornici" descritto genericamente nella lista dei beni sottratti all'artista arpinate, rimarcando però al contempo l'esistenza di un dipinto con soggetto analogo nell'inventario di Olimpia Aldobrandini del 1626, identificabile - sempre secondo Della Pergola (1959) - con le Tre Grazie di Raffaello Sanzio, oggi al Museo Condè di Chantilly.

Al di là di questa ipotesi, mai messa in discussione dalla critica, è certo che l'opera si trovasse nel 1693 presso Palazzo Borghese a Ripetta, come attestato dal relativo inventario, in cui il dipinto è elencato come "un quadruccio in tela alto un palmo e mezzo incirca con tre Donne nude che si abbracciano con un Amorino per aria che gli tira la frezza e un altro Amorino che dorme del n. 428 Cornice dorata di Anibal Caracci". Tale attribuzione, rivista nel 1790 a favore del Domenichino, fu corretta negli elenchi fidecommissari del 1833, dove le Tre Grazie furono assegnate al pittore senese Francesco Vanni, nome già fatto da Guglielmo della Valle nel 1786 e ripetuto negli anni da Basilius von Ramdhor (1787) e da Mariano Vasi (1792). L'assegnazione al Vanni fu accettata da tutta la critica (Piancastelli 1891; A. Venturi 1893; Brandi 1931), ad eccezione di Roberto Longhi (1928), che accostò il quadro a un manierista romano sui primi anni del Seicento; e di Hermann Voss che invece propose il nome di Rutilio Manetti, accolto da Paola della Pergola (1959) e da Alessandro Bagnoli (1978), ma rifiutato da Giancarlo Scavizzi in favore di Ventura Salimbeni (1959).

A mettere un punto alla questione è stato Marco Gallo che già nel 2010, dubitando dell'attribuzione a Rutilio Manetti, aveva scartato il nome di Manetti riesumando quello di Vanni. Lo studioso, poi, rivedendo la sua posizione, nel 2013 ha ricostruito la vicenda del dipinto, ipotizzandone la provenienza dalla raccolta di monsignor Torquato Perotti, dove la teletta figurava come opera di Ventura Salimbeni, segnalata nel 1633 in un madrigale pubblicato a Roma da Antonio Bruni (cfr. Gallo 2013). La tesi di Gallo - che quindi escluderebbe la provenienza del dipinto sia dalla collezione del Cavalier d'Arpino, sia da quella di Olimpia Aldobrandini - è stata di fatto avvalorata dalla recente scoperta sul mercato antiquario di una replica variata del dipinto Borghese (Dipinti antichi, Pandolfini Firenze, 13 novembre 2018, lotto 1), eseguita certamente da Salimbeni che siglò l'opera con il proprio monogramma sul sasso in basso a destra su cui giace - come nella versione Borghese - il paffuto amorino. 

Come notato da Bagnoli (1978), la tela è connessa al gruppo scultoreo delle Tre Grazie della Libreria Piccolomini di Siena, combinata dal pittore - secondo Errwin Panofsky (1939) - con le figure di Eros e Anteros, rispettivamente raffigurati in volo, pronto a scagliare uno dei suoi temuti dardi, e addormentato su un sasso, dopo aver deposto l'arco e la faretra. Al centro, in un paesaggio eseguito alla maniera di Paul Bril profilato da un elegante gioco di luce (cfr. Bagnoli 1978), sono raffigurate le tre Grazie - Aglaia, Eufrosine e Talìa - associate nella mitologia greca e romana al culto della natura e della vegetazione, il cui abbraccio alluderebbe al tema della offerta e del rendimento di grazie (Wind 1971). Secondo la visione neoplatonica, invece, le tre divinità rappresenterebbero le tre facce dell'Amore - la Castità, la Voluttà e la Bellezza - legate pertanto al culto di Venere-Afrodite.

Antonio Iommelli




Bibliografia
  • G. Della Valle, Lettere Senesi sopra le Belle Arti, III, Roma 1786, p. 353; 
  • F.W.B. von Ramdohr, Ueber Malherei und Bildhauerarbeit in Rom für Liebhaber des Schönen in der Kunst, I, Leipzig 1787, p. 300; 
  • M. Vasi, Itinéraire, Paris 1792, p. 361; 
  • M. Vasi, Itinerario, Roma 1794, p. 392; 
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 359; 
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese, in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 272; 
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 222; 
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 224; 
  • C. Brandi, Francesco Vanni, in “Art in America”, XIX, 1931, p. 81, nota 15; 
  • C. Brandi, Cronaca Bibliografica, in “Bullettino Senese di Storia Patria”, II, 1932, p. 224; 
  • H. Voss, L’Opera giovanile di Rutilio Manetti, in “La Vita Artistica”, III, 1932, p. 62; 
  • A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana, IX, Milano 1934, p. 1082; 
  • E. Panofsky, Studies in Iconology. Humanistic Themes in the Art of the Renaissance, New York 1939, p. 169; 
  • G. Bianchi Bandinelli, Catalogo delle opere del pittore Francesco Vanni, in “Bollettino Senese di Storia Patria”, L, 1943, pp.139-155;
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, Roma 1951, p. 35; 
  • A. Pigler, Barockthemen. Eine Auswahl von Verzeichnissen zur Ikonographie des 17. und 18. Jahrhunderts, Budapest 1956, p. 98, pp. 139-155; 
  • P. della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, pp. 38-39, n. 51; 
  • G. Scavizzi, Su Ventura Salimbeni, in “Commentari”, X, 1959, pp. 115-136; 
  • K. Rozman, Painter Franc Kavčič/caucig and his drawings of old masterpieces, in “Zbornik za umetnostno zgodovino”, XI-XII, 1974-1976, p. 56; 
  • A. Bagnoli, scheda in Rutilio Manetti: 1571 – 1639, catalogo della mostra (Siena, Museo Civico, 1978), a cura di A. Bagnoli, Firenze 1978, p. 75, n. 10; 
  • M. Gallo, scheda in Caravaggio: la luce nella pittura lombarda, catalogo della mostra (Bergamo, Accademia Carrara, 2000), a cura di C. Strinati, Milano 2000, pp. 195-196, n. 19;
  • K. Hermann Fiore, scheda in Mythologica et Erotica: arte e cultura dall’antichità al XVIII secolo, catalogo della mostra (Firenze, Museo degli Argenti, 2005-2006), a cura di O. Casazza, Livorno 2005;
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p.169; 
  • M. Ciampolini, Pittori senesi del Seicento, I, Siena, 2010, pp. 249, 266;
  • M. Gallo, in I Caravaggeschi: percorsi e protagonisti, a cura di C. Strinati, A. Zuccari, II, Milano 2010, pp. 503-504.
  • M. Gallo, Per Monsignor Torquato Perotti accademico Humorista: un collezionista della cerchia di Maffeo e Francesco Barberini, in "Valori Tattili", I, 2013, pp. 66-99;
  • L. Trezzani, in Dipinti antichi, Pandolfini Firenze, 13 novembre 2018, lotto 1.