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Statua di Ninfa con conchiglia

Arte romana


La statua femminile seminuda ritrae una Ninfa che sorregge una conchiglia. La testa, solo in parte antica, non è pertinente, ma i riccioli che scendono sulle spalle sono originali. La figura è stante sulla gamba sinistra, la destra, invece, è leggermente flessa in avanti. Il busto è nudo e la parte inferiore del corpo è avvolta in un ampio e lungo panneggio, che cinge i fianchi e copre il retro delle gambe, arrivando fino ai piedi e adagiandosi sul plinto. Le braccia scendono lungo i fianchi disegnando un ovale nello spazio e sorreggono una grande conchiglia, che si posa sul bacino e sul ventre. La tipologia replica un modello scultoreo tardo-ellenistico ampiamente diffuso in età romana.


Scheda tecnica

Inventario
CLXX
Posizione
Datazione
II secolo d.C
Tipologia
Materia / Tecnica
marmo lunense
Misure
altezza totale (con plinto) cm 121; statua cm 107; testa cm 18
Provenienza

Collezione di Giovan Battista Della Porta, acquisto di Giovan Battista Borghese da Giovanni Paolo Della Porta, 1609. Inventario Fidecommissario Borghese, 1833, n. 64. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • XIX secolo - Di restauro il naso, il collo, il braccio destro dalla spalla e il sinistro dall’avambraccio, parte dei riccioli. La testa non è pertinente.
  • 1828 - Francesco Massimiliano Laboureur (?)
  • 1990/1991 - I.C.R.
  • 1997 - G. Carla Mascetti
  • 2008 - Consorzio Capitolino. Pulitura, stuccatura e integrazione delle lacune.

Scheda

Statua femminile, minore del vero, rappresenta una Ninfa seminuda con conchiglia. Le piccole dimensioni e le tracce di un foro – chiuso con un tassello – nel corpo della statua e all’attacco della conchiglia lasciano pensare, verosimilmente, all’allestimento come fontana. Il busto è nudo, mentre la parte inferiore del corpo è ammantata in un ampio e sinuoso panneggio che scende sino ai piedi, lasciando scoperte le gambe. La sinistra è stante, la destra è flessa. Le braccia scendono lungo i fianchi sorreggendo dal basso una grande conchiglia scanalata, che si adagia sul bacino e sul ventre. Il busto è leggermente reclinato in avanti e il corpo disegna una curva appena accennata, opposta all’inclinazione della testa, china con lo sguardo rivolto verso il basso a destra. La testa sembrerebbe in parte antica, ma non è pertinente. I capelli, mossi e gonfi sulle tempie, con scriminatura centrale e con i riccioli che scendono sulle spalle, riprendono l’acconciatura tipica delle immagini di Afrodite di derivazione prassitelica.

Le increspature e le pieghe del mantello creano un certo dinamismo e un accenno chiaroscurale sulle gambe, generando un contrasto con la parte superiore, liscia e nuda, del corpo, che dona movimento all’intera figura.

Giudicata da Georg Lippold un “lavoro mediocre” (EA 1925, pp. 12-13, n. 2746), la statua presenta diversi interventi di restauro: sono frutto di integrazione moderna il naso, il collo, parte dei riccioli (soltanto quelli sulle spalle sono antichi) ed entrambe le braccia. Corrisponde alla Venere mezza nuda e mezza vestita, alta 5 palmi, proveniente dalla Collezione Della Porta (ASV, AB 456, 17, nr. 2).

Nell’inventario del 1610 sono citate due statue di «Venere con la conchiglia da buttar l’acqua», in piedi e alte anch’esse 5 palmi (ASV, AB 37, 16, Atti di famiglia n. 616, nr. 55).

Iacomo Manilli (1650, p. 55) e Domenico Montelatici (1700, p. 194) ricordano l’allestimento all’interno del Salone di «due Veneri consimili, ignude dal mezzo in su, ciascuna delle quali tien sopra le ginocchia con ambe le mani una conchiglia», posizionate entrambe su colonne. Una notizia del 1828 riporta un generico riferimento al lavoro di Francesco Massimiliano Laboureur su una statua di “Venere con conchiglia”, senza fornire, tuttavia, ulteriori specificazioni utili ad identificare l’opera o gli interventi eseguiti (AB 348, nr. 57, nota 4a). Registrata in sala I (nell’Ottocento nota come sala della Cerere) fino al 1873, viene poi spostata in sala V; il passaggio nel portico è riportato nel catalogo di Paola Della Pergola (1954, p. 5).

Questa Ninfa riprende l’iconografia della Venere Anadiomene (“colei che sorge dalle acque”), documentata da numerose copie di età romana, che rielaborano il modello tardo-ellenistico dell’Afrodite Landolina di Siracusa (cosiddetta Venere Pudica), una creazione di ambiente asiatico, probabilmente rodio, ispirato a un originale di Prassitele (per alcuni la famosa Venere Cnidia). Repliche e varianti del tipo sono, ad esempio, le statue di Venere della Collezione Borghese, ora esposte l’una in sala VI (inv. CIXC), l’altra in sala VII (inv. CCXV) e quelle di Afrodite al Louvre (inv. MR 376, MR 379) già nella Collezione Borghese, vendute dal Principe Camillo nel 1807.

In età imperiale, l’impiego di tale tipologia ricorre nell’arredo scultoreo destinato alla decorazione di fontane, giardini o ninfei.

Clara di Fazio  




Bibliografia
  • I. Manilli, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 55.
  • D. Montelatici, Villa Borghese fuori di Porta Pinciana con l’ornamenti che si osservano nel di lei Palazzo, Roma 1700, p. 194.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1840, p. 10, n. 2.
  • A. Nibby, Roma nell’anno 1838, Roma 1841, p. 914.
  • Indicazione delle opere antiche di scultura esistenti nel primo piano della Villa Borghese, Roma 1854 (1873), p. 12, n. 2.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 36.
  • H. Riemann, Die Skulpturen Vom 5. Jahrhundert Bis in Roemische Zeit, Berlin 1940, p. 124, n. 8.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese in Roma, (3° Edizione), Roma 1954, p. 5.
  • P. Moreno, Museo e Galleria Borghese, La collezione archeologica, Roma 1980, pp. 8-9.
  • P. Moreno, S. Staccioli, Le collezioni della Galleria Borghese, Milano 1981, p. 101.
  • L. De Lachenal, La collezione di sculture antiche della famiglia borghese e il Palazzo in Campo Marzio, in “Xenia” 4, 1982, pp. 49-117, in part. pp. 62-63, 90, 93, 96.
  • P. Moreno, C. Sforzini, I Ministri del Principe Camillo: cronaca della collezione Borghese di antichità dal 1807 al 1832, in “Scienze dell’antichità” 1, 1987, pp. 339-371; in part. p. 361.
  • K. Kalveram, Die Antikensammlung des Kardinals Scipione Borghese, in “Römische Studien der Bibliotheca Hertziana”, 11, Worm am Rehin 1995, p.188, n.53.
  • P. Moreno, A. Viacava, I marmi antichi della Galleria Borghese. La collezione archeologica di Camillo e Francesco Borghese, Roma 2003, pp. 103-104, n. 66.
  • I Borghese e l’antico, catalogo della mostra, (Roma, Galleria Borghese, 2011-2012), a cura di A. Coliva, Milano 2011, p. 157.
  • Scheda di catalogo 12/ 00147892, P. Moreno 1975; aggiornamento G. Ciccarello 2021