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Un mendicante

Ribera Jusepe de' detto Spagnoletto

(Jàtiva 1591 - Napoli 1652)

Il dipinto, la cui attribuzione è stata molto discussa, viene oggi ritenuto quasi all’unanimità opera di Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto. Si pensa che la sua esecuzione sia collocabile subito dopo l’arrivo a Roma dell’artista, intorno al 1612. La precocità della datazione fa di quest’opera un cardine basilare per lo sviluppo di un filone di pittura pauperistica che avrà larga fortuna a Roma nei decenni successivi.


Scheda tecnica

Inventario
325
Posizione
Datazione
1612 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 110 x 78
Cornice

Salvator Rosa cm. 128 x 96 x 7,5

Provenienza
Collezione di Scipione Borghese, citato per la prima volta nell’Inv. 1633 ca.; Inv. 1693, St. VII, n. 17; Inv. 1790, St. X, n. 21; Inventario Fidecommissario 1833, p. 21, n. 32. Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 2005 Salamanca, Palacio de San Eloy
  • 2005-2006 Milano, Palazzo Reale; Vienna, Liechtenstein Museum
  • 2009-2010 Kyoto, National Museum of Modern Art; Tokyo, Metropolitan Art Museum
  • 2011-2012 Madrid, Museo Nacional del Prado; Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte
  • 2011-2012 Roma, Palazzo Venezia
  • 2014-2015 Roma, Villa Medici; Parigi, Petit Palais
  • 2017-2018 Washington, Museum of the Bible
Conservazione e Diagnostica
  • 1958 Renato Massi (restauro completo)
  • 2003 Andrea Parri
  • 2009 Cecilia Bernardini

Scheda

Il dipinto rappresenta un povero mendicante ripreso frontalmente a mezza figura, con in mano il cappello rovesciato come in atto di chiedere l’elemosina.

Il quadro è stato al centro di una dibattuta questione attributiva fino al 2002, quando Gianni Papi (pp. 26-27) lo ha ricondotto definitivamente alla mano di Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto. Lo studioso ha individuato l’opera nell’inventario del cardinale Scipione Borghese scoperto e pubblicato da Sandro Corradini (1998, p. 454, n, 193), databile al 1633 circa, in cui compare al numero 193: “Un quadro d’un Mendicante cornice di noce alto 4 1/3 largo 3 Spagnoletto” (per la datazione dell’inventario si veda S. Pierguidi, “In materia totale di pitture si rivolsero al singolar Museo Borghesiano”, in “Journal of the history of collections”, XXVI, 2014)

Negli inventari successivi il dipinto ritorna con diverse attribuzioni, descritto come opera di Caravaggio nel 1693, assegnato nuovamente a Ribera nel 1790, e infine di scuola fiamminga nell’elenco fidecommissario del 1833. Nel corso degli anni gli studiosi hanno avanzato varie ipotesi, da Bartolomeo Manfredi (Venturi 1893, p. 161) a Dirck Van Baburen (Longhi 1928, pp. 26, 208; Della Pergola 1959, pp. 144-145, n. 198; Brejon de Lavergnée 1993, p. 208), proposta rifiutata da Leonard Slatkes (1965, p. 163), all’olandese Wouter Crabeth II (Nicolson 1979, p. 46; id. 1990, I, p. 103; Spinosa 1992, p. 55). La proposta di Gianni Papi di assegnare il Mendicante a Ribera, sostenuta anche su base stilistica, viene poi condivida da Nicola Spinosa (2003, p. 249, n. A1), e il dipinto prende parte alle recenti mostre dedicate all’artista spagnolo rispettivamente a Salamanca (si veda Spinosa 2005, p. 42, n. 1), Madrid e Napoli (si veda Papi 2011, 120, n. 8). 

La provenienza dell’opera è tuttora sconosciuta, ma data la sua presenza nel più antico inventario noto della collezione di Scipione Borghese, è verosimile che quest’ultimo avesse acquistato il quadro poco tempo dopo la sua esecuzione, o che ne fosse addirittura il committente. Il cardinale, come noto, è infatti uno dei più fini estimatori dell’arte caravaggesca e mecenate di molti artisti contemporanei. 

La datazione del dipinto si aggira intorno al 1612, in coincidenza con l’arrivo a Roma del giovane Ribera, la cui presenza in città è attestata con sicurezza dal 1613 ma dove verosimilmente si trovava già a partire dall’anno precedente. L’inizio del soggiorno in ambiente romano, durato fino al 1616, coincide con il momento di svolta in senso caravaggesco della produzione dell’artista, a cui l’opera in esame va certamente ricondotta (Spinosa 2003, cit.; Papi 2005, p. 250, n. III.1; id. 2011, p. 120, n. 13; id. 2014, p. 202, n. 27). La cronologia del dipinto trova conferma nella sua affinità stilistica con il San Girolamo nello studio della raccolta Tenenbaum a Toronto (in deposito presso l’Art Museum of Ontario), databile al 1615 circa, noto anche in una seconda versione già presso le Trafalgar Galleries di Londra. L’analogia tra il Mendicante e il San Girolamo, riscontrabile sia nella resa naturalistica dei tratti somatici ed espressivi sia nella pennellata libera e sfrangiata, era già stata notata da Spinosa all’inizio degli anni Novanta, quando ancora attribuiva i due dipinti a Crabeth. 

La precocità della datazione fa di questo dipinto il cardine basilare di tutto un filone pittorico di grande fortuna a Roma a partire dalla fine del secondo decennio in poi. Da qui in avanti si diffondono le rappresentazioni di soggetti umili, modesti lavoratori o poveri mendicanti, ritratti singolarmente o in gruppo, secondo una tendenza riscontrabile anche in ambiente nordico (Papi 2005, cit.; id. 2011, cit.; id. 2014, cit.). Il Mendicante di Ribera rimane comunque una delle più alte raffigurazioni di questo genere rivoluzionario, soprattutto grazie alla maniera con cui viene affrontato il soggetto, con la stessa monumentalità riservata a personaggi di più alto rango quali filosofi e santi, assimilabile, secondo Papi, alla serie di Apostoli di provenienza Cussida (poi Gavotti) che già Longhi aveva ricondotto al Maestro del Giudizio di Salomone (R. Longhi, Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia, in “Proporzioni”, I, 1943, p. 58). Papi, deciso sostenitore dell’identificazione del Maestro con il giovane Ribera, individua il confronto più convincente nel San Bartolomeo (Firenze, Fondazione Longhi) della serie, a cui il Mendicante è affine per quella frontalità dirompente e la fissità dello sguardo, elementi di grande impatto sullo spettatore (si veda anche Papi 2005, p. 260, n. III. 6-7). La figura emerge in primo piano da un fondo scuro, indefinito, colpita da un fascio di luce che proviene lateralmente dall’alto e che illumina le vesti ormai lacere e il volto profondamente segnato, caratterizzato da una straordinaria forza espressiva.

      Pier Ludovico Puddu


Bibliografia
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 422.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 161.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, pp. 26, 208.
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, pp. 144-145, n. 198.
  • P. Della Pergola, L’Inventario Borghese del 1693 (II), in “Arte Antica e Moderna”, XXVIII, 1964, p. 460.
  • B. Nicolson, Shorter Notices. A Postscript to Baburen, in “The Burlington Magazine”, CIV, 1962, p. 540 e nota 12.
  • L.J. Slatkes, Dirck van Baburen, Utrecht 1965, p. 163.
  • A. Brejon de Lavergnée, J.P. Cuzin, in I Caravaggeschi francesi, catalogo della mostra (Roma, Académie de France, 1973-1974), a cura di A. Brejon de Lavergnée, Roma 1973, p. 52.
  • B. Nicolson, The International Caravaggesque Movement. Lists of picture by Caravaggio and his followers throughout Europe from 1590 to 1650, Oxford 1979, p. 46.
  • B. Nicolson, Caravaggism in Europe, Torino 1990, I, p. 103.
  • N. Spinosa, Ribera a Napoli, in Jusepe de Ribera (1591-1652), catalogo della mostra (Napoli, Castel Sant’Elmo; Certosa di San Martino, Cappella del Tesoro di San Gennaro, 1992), a cura di A.E. Peréz Sánchez, N. Spinosa, Napoli 1992, p. 55.
  • A. Brejon de Lavergnée, Le caravagisme en Europe: à propos de la réédition du Nicolson, in “Gazette des beaux-arts”, CXXII, MCDXCVIII, 1993, p. 208.
  • F. Cappelletti, A Roma, dopo Caravaggio. Le “figure moderne”, qualche pittore straniero, in Da Caravaggio a Ceruti. La scena di genere e l’immagine dei pitocchi nella pittura italiana, catalogo della mostra (Brescia, Museo di Santa Giulia, 1998-1999), a cura di F. Porzio, M. Bona Castellotti, Milano 1998, pp. 300-301.
  • S. Corradini, Un antico inventario della quadreria del Cardinal Borghese, in Bernini scultore. La nascita del barocco in Casa Borghese, catalogo della mostra (Roma, Galleria Borghese, 1998), a cura di A. Coliva, S. Schütze, A. Campitelli, Roma 1998, p. 454, n. 193.
  • G. Papi, Jusepe de Ribera a Roma e il Maestro del Giudizio di Salomone, in “Paragone. Arte”, LIII, 2002, pp. 26-27.
  • S.Danesi Squarzina, Introduzione, in Decorazione e collezionismo a Roma nel Seicento, a cura di F. Cappelletti, Roma 2003, p. 4.
  • N. Spinosa, Ribera: l’opera completa, Napoli 2003, p. 249, A1.
  • G. Papi, in Caravaggio e l’Europa: il movimento caravaggesco internazionale da Caravaggio a Mattia Preti, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 2005- 2006; Vienna, Liechtenstein Museum, 2006), a cura di A. Perego, V. Sgarbi, Milano 2005, p. 250, n. III.1.
  • N. Spinosa, in Josè de Ribera. Bajo el signo de Caravaggio (1613-1633), catalogo della mostra (Salamanca, Sala de Exposiciones de San Eloy, 2005), a cura di N. Spinosa, J. Carrete Parrondo, Salamanca 2005, p. 42, n. 1.
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 107.
  • L. Bartoni, in Galleria Borghese. The splendid collection of a noble family, catalogo della mostra (Kyoto, National Museum of Modern Art 2009; Tokyo, Metropolitan Art Museum 2010), a cura di R. Vodret Adamo, p. 166, n. 45.
  • S. Danesi Squarzina, Jusepe de Ribera a Roma, 1612-1616, in I caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, a cura di A. Zuccari, C. Strinati, Milano 2010, p. 584.
  • A. Zuccari, Il caravaggismo a Roma, in I caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, a cura di A. Zuccari, C. Strinati, Milano 2010, p. 42.
  • G. Papi, in Il giovane Ribera tra Roma, Parma e Napoli, 1608-1624, catalogo della mostra (Madrid, Museo Nacional del Prado, 2011; Napoli, Museo di Capodimonte, 2011-2012), a cura di J. Milicua, J. Portús, Madrid 2011, p. 120, n. 8; ed. italiana Il giovane Ribera tra Roma, Parma e Napoli, 1608-1624, a cura di N. Spinosa, G. Finaldi, Napoli 2011, p. 120, n. 13.
  • G. Papi, in I bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria, catalogo della mostra (Roma, Accadémie de France, 2014-2015; Parigi, Petit Palais, 2015), a cura di F. Cappelletti, A. Lemoine, Milano 2014, pp. 202-203, n. 27.
  • C. Ricasoli, in The living dead. Ecclesiastes through art, catalogo della mostra (Washington, Museum of the Bible, 2017-2018), a cura di C. Ricasoli, Paderborn 2018, pp. 104-107, n. II.4.