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Due uomini nello studio

Heimbach Wolfgang

(Ovelgonne 1613-15 - post 1678)

La tela, già riferita a Gerrit van Honthorst, è stata attribuita a Wolfgang Heimbach da Roberto Longhi, anche sulla scorta del monogramma dell’autore “W.H.B.C.H.” presente nella parte in basso a destra della composizione. Il dipinto fu acquistato dal principe Marcantonio IV Borghese nel 1783, come testimoniato dalla relativa nota di pagamento, insieme all’Uomo con lucerna di mano dello stesso artista (inv. 251), probabilmente il suo pendant, come suggerito dalle identiche dimensioni, dalla medesima ambientazione notturna in un interno e dalle affinità nel taglio compositivo.


Scheda tecnica

Inventario
257
Posizione
Datazione
1645 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tela
Misure
cm 44 x 35
Cornice
 ‘800 (con cordicella) cm. 55,5 x 48 x 4,5
Provenienza
Acquisto del principe Marcantonio Borghese da Girolamo Rovinelli, 1783 (per tramite di Antonio Asprucci); Inventario Fidecommissario 1833, p. 33, n. 24; Acquisto dello Stato, 1902.
Mostre
  • 1959 Bordeaux, Musée des Beaux-Arts 
Conservazione e Diagnostica
  • 1936 Augusto Cecconi Principi e Carlo Matteucci (pulitura)

Scheda

Il dipinto rappresenta Due uomini nello studio ed è opera del tedesco Wolfgang Heimbach, artista sordomuto dedito soprattutto alla pittura di genere e alla ritrattistica. Nella parte inferiore a destra della composizione è presente il monogramma dell’autore “W.H.B.C.H.”, determinante per stabilirne la paternità.

Due uomini sono raffigurati in uno studio seduti a un tavolo, intenti a leggere una lettera, mentre sullo sfondo, in un altro ambiente, una donna vestita di bianco sta offrendo da bere a un uomo in abito scuro e cappello, il quale sembra rifiutare con il gesto della mano alzata. Le uniche due fonti di luce provengono dalla candela, di cui si intravede solo la fiammella, che uno dei due uomini seduti in primo piano utilizza per leggere la lettera, e da quella, non visibile, che illumina l’ambiente retrostante. L’abbigliamento delle figure e gli arredi presenti nello studio suggeriscono si tratti di un ambiente borghese; le pareti sono decorate ed ornate con dei quadri, due dei quali sembrano essere ritratti di famiglia mentre l’altro è forse una scena mitologica o biblica.

Le circostanze dell’ingresso in collezione dell’opera sono conosciute grazie alla relativa nota di pagamento, in cui si legge: “Io sottoscritto ho ricevuto da S.Ecc.za il Principe Don Marc’Antonio Borghese per le mani del Sig.r Antonio Asprucci scudi settanta moneta sono per prezzo concordato di due Quadretti Fiamminghi, uno rappresentante uno Studio d’Avvocato, e l’altro rappresentante un uomo tenente un candeliere acceso in mano in atto di andare a dormire, ambedue dipinti a lume di notte. Roma questo di 28 Gennaro 1783. Girolamo Rovinelli” (cit. in Della Pergola 1959a, p. 269). 

Il dipinto fu quindi acquistato dal principe Marcantonio IV insieme ad un altro quadretto di stesse dimensioni, probabilmente concepito come pendant, anch’esso tuttora in collezione (inv. 251). Le due opere presentano un’ambientazione “a lume di notte”, più volte sperimentata da Heimbach, elemento che verosimilmente indusse il redattore dell’inventario fidecommissario del 1833 a catalogarle entrambe con riferimento a Gerrit van Honthorst, maestro in questo genere di rappresentazioni e per questo detto Gherardo delle Notti. Nell’elenco compaiono infatti un “Quadretto ad imitazione, del Gerardo, largo palmi 1, oncie 7; alto palmi 2”, riferibile al dipinto in esame, e un “Retratto, ad imitazione, di Gerardo” di identiche dimensioni, corrispondente al pendant Uomo con lucerna e già presente nella ricevuta di pagamento.  

L’attribuzione di Due uomini nello studio a Gerrit van Honthorst viene ripresa da Giovanni Piancastelli (1891, p. 404) ma considerata poco convincente già da Adolfo Venturi (1893, p. 138), il quale nota il monogramma presente sull’opera ma ne fa una lettura inesatta, non riuscendo quindi a collegarla ad Heimbach. L’errore viene corretto da Roberto Longhi (1928, p. 200) che, proprio sulla base del monogramma e del parere orale espresso da Stechow, riferisce l’opera all’artista tedesco, collegandovi anche l’Uomo con lucerna stilisticamente affine. 

L’assegnazione della coppia Borghese ad Heimbach viene accolta e ripresa dalla critica successiva (De Rinaldis 1939, p. 42; Della Pergola 1959b, p. 164; Martin-Méry 1959, p. 41; Morsbach 1999, p. 127; Stefani 2000, p. 359; Herrmann Fiore 2006, p. 86), anche se Paola Della Pergola (1959b, cit.), pur sottolineando la presenza del monogramma e le corrispondenze compositive tra i due soggetti, rileva una fattura più grossolana nella scena ambientata nello studio e lascia aperta la possibilità di un intervento da parte di un presunto seguace o collaboratore dell’artista nel suo periodo romano. Heimbach fu a Roma intorno al 1645, data a cui si possono ricondurre i due quadretti, dopo un periodo di formazione in Olanda e prima del trasferimento in Danimarca, dove lavorò come pittore di corte, all’inizio degli anni Cinquanta. Nel decennio successivo l’artista fece ritorno in patria, dove rimase fino alla morte avvenuta dopo il 1678.

Pier Ludovico Puddu




Bibliografia
  • X. Barbier de Montault, Les Musées et Galeries de Rome, Rome 1870, p. 364.
  • G. Piancastelli, Catalogo dei quadri della Galleria Borghese in Archivio Galleria Borghese, 1891, p. 404.
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, p. 138.
  • R. Longhi, Precisioni nelle Gallerie Italiane, I, La R. Galleria Borghese, Roma 1928, p. 200.
  • P. Della Pergola, Un acquisto di opere fiamminghe per la Galleria Borghese, in “Mededelingen van het Nederlands Historisch Instituut te Rome”, X, 1959, p. 269 [Della Pergola 1959a].
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, II, Roma 1959, p. 164, n. 237 [Della Pergola 1959b].
  • G. Martin-Méry, in La découverte de la lumière des primitifs aux impressionistes, catalogo della mostra (Bordeaux, Musée des Beaux-Arts), a cura di G. Martin-Méry, Bordeaux 1959, p. 40, n. 76.
  • C. Morsbach, Die Genrebilder von Wolfgang Heimbach (um 1613-nach 1678), Oldenburg 1999, p. 153, n. AI 17a (con bibliografia precedente).
  • C. Stefani in P. Moreno, C. Stefani, Galleria Borghese, Milano 2000, p. 359, n. 15.
  • K. Herrmann Fiore, Galleria Borghese Roma scopre un tesoro. Dalla pinacoteca ai depositi un museo che non ha più segreti, San Giuliano Milanese 2006, p. 86.
  • French Dutch and Flemish Caravaggesque Paintings from the Koelliker Collection. Part II, a cura di W.E. Franits, London 2007, p. 36.