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Cristo e la Samaritana

Seguace di Tisi Benvenuto detto Garofalo

(Garofalo o Ferrara 1476 - Ferrara 1559)

È possibile che si tratti di un'opera eseguita da un pittore fiammingo attivo a Ferrara, imitatore dello stile del Garofalo. Il soggetto del dipinto è tratto dal Vangelo di Giovanni (4, 6-10), dove si racconta di Gesù che stanco dal viaggio verso la Galilea, chiese a una Samaritana, notoriamente avversa a un giudeo, di offrirgli da bere l’acqua del pozzo di Giacobbe.


Scheda tecnica

Inventario
227
Posizione
Datazione
1520 circa
Tipologia
Periodo
Materia / Tecnica
olio su tavola
Misure
cm 49 x 36
Provenienza

Collezione Borghese, Inv. 1693, st. V, n. 280; Inv. 1790, Stanza dell’Ermafrodito, n. 36; Inv. fidecommissario Borghese 1833, p. 33, n. 25. Acquisto dello Stato, 1902.

Conservazione e Diagnostica
  • 1906, Luigi Bartolucci (disinfestazione)
  • 2000, Carlo Festa (Laboratorio di restauro ex Soprintendenza c/o Palazzo Barberini)
  • 2019, Koinè (pellicola pittorica, cornice)
  • 2020 Measure3D di Danilo Salzano (laser scan 3D)
  • 2020 Erredicci (indagini diagnostiche)
  • 2020 IFAC-CNR (indagini diagnostiche)

Scheda

Questa opera, insieme a quella di uguale soggetto e di medesimo contesto produttivo presente nella collezione Borghese (inv. 221) certamente a partire dall’inventario del 1693, presenta uno schema narrativo più volte utilizzato dal Garofalo e dalla sua scuola nella raffigurazione del tema tratto dal Vangelo di Giovanni (4, 13-15): Cristo è seduto sul pozzo di Giacobbe mentre dialoga con una donna di Samaria chiedendole da bere e promettendole un’acqua in grado di dissetarla per l’eternità. La scena si svolge entro un paesaggio raffigurante, secondo il racconto neotestamentario, la città di Sichem, luogo in cui la Samaritana giungerà per annunciare la venuta del nuovo Messia.

Adolfo Venturi (1893) intravede in queste composizioni una forte influenza fiamminga, molto probabile per gli artisti ferraresi vista la massiccia presenza nella capitale Estense nel corso del Cinquecento di artisti provenienti da Fiandre e Paesi Bassi, la cui arte fatta di una forte cultura per i dettagli minuti viene qui combinata al colorismo veneto e alla tornitura plastica delle figure tipiche dell’arte dell’Italia centro settentrionale di quegli anni.

La piccola tavola viene attribuita al Garofalo nell’inventario Borghese del 1693 e viene poi successivamente attribuita, nel documento del 1790 e nell’elenco fidecommissario del 1833, alla scuola di Michelangelo. Queste osservazioni, sebbene eccessive e ricondotte a partire da Venturi ad una più corretta collocazione geografico-stilistica poi rivista da Longhi (1928) in un anonimo copista secentesco, sembrano essere giustificabili se si inserisce quest’opera nella produzione del Tisi e della sua bottega del quinto decennio del Cinquecento, quando il pittore si avvicinò molto al modus pittorico vasariano fortemente influenzato dall’operato michelangiolesco (Pattanaro 1995).

Lara Scanu




Bibliografia
  • E. Platner, Bes Chreibung der Stadt Rom, III.3. Das Marsfeld, die Tiberinsel, Trastevere und der Janiculus, III, Stuttgart 1842, p. 281
  • A. Venturi, Il Museo e la Galleria Borghese, Roma 1893, pp. 130-131
  • G. Gruyer, L’art Ferrarais a l’époque des Princes d’Este, II, Parigi 1897, p. 325
  • R. Longhi, Precisioni nelle gallerie italiane. Galleria Borghese, Roma 1928, nn. 221, 227
  • A. Venturi, Storia dell’Arte Italiana. La pittura del Cinquecento, IX, 4, Milano 1929, p. 318
  • B. Berenson, Pitture italiane del Rinascimento: catalogo dei principali artisti e delle loro opere con un indice dei luoghi, Milano 1936, p. 188
  • P. Della Pergola, La Galleria Borghese. I Dipinti, I, Roma 1955, nn. 68, 69
  • S. Tarissi de Jacobis, in Il museo senza confini. Dipinti ferraresi del Rinascimento nelle raccolte romane, a cura di J. Bentini e S. Guarino, Milano 2002, pp. 186-187, scheda 34