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LA GALLERIA BORGHESE RACCONTA UN CAPOLAVORO: DAVID E GOLIA DI CARAVAGGIO


LA GALLERIA BORGHESE RACCONTA UN CAPOLAVORO: DAVID E GOLIA DI CARAVAGGIO

Eseguito nel 1609/10, è uno degli ultimi dipinti di Caravaggio e probabilmente il più drammatico. Raffigura il giovane David che mostra, reggendola per i capelli, la testa mozza del gigante Golia. In quella testa c’è l’ultimo, tragico autoritratto dell’artista. Caravaggio si è ritratto come un morto decapitato, sottolineando i dettagli macabri, gli occhi spenti e stralunati, la bocca aperta con la lingua girata all’indietro nell’ultimo grido, il sangue che scende copioso. La macabra identificazione nasceva con buone probabilità dal timore dell’artista di subire la stessa sorte di Golia. Il dipinto si colloca infatti negli anni della fuga di Caravaggio dopo la condanna a morte per omicidio.

Il 28 maggio 1606 Caravaggio aveva infatti ucciso in duello Ranuccio Tomassoni, un ‘bravo” smargiasso e con potenti protettori, con cui il pittore aveva una rivalità di antica data, per motivi politici e di donne. Qual giorno Caravaggio, assieme a Onorio Longhi e altri due amici, sfidò Tomassoni e i suoi compari al gioco della pallacorda. Durante la partita, a causa di un fallo e di un diverbio sul punteggio, scoppiò la rissa e vennero estratte le spade. Caravaggio venne ferito alla testa da Ranuccio, ma poi lo colpì alla coscia, vicino l’inguine, recidendo l’arteria femorale. Ranuccio Tomassoni morì dissanguato e Caravaggio divenne un omicida. Fuggì da Roma e venne condannato alla decapitazione in contumacia.  I Colonna, suoi protettori, gli diedero riparo nei loro possedimenti e da lì Caravaggio raggiunse poi Napoli. Era bandito e si sentiva in continuo pericolo di vita. Dopo il soggiorno a Malta, il successivo arresto, l’evasione dalle carceri maltesi e l’arrivo in Sicilia, la sua condizione di fuggiasco si fece sempre più pesante. L’autoritratto come Golia nacque in quelle circostanze: Caravaggio si rappresenta come un malvagio, ma che ha pagato, è stato punito. Il giovane David lo guarda con espressione di compatimento. Sulla lama della spada, delle lettere di difficile lettura, forse le inziali del motto agostiniano: “HumilitAS Occidit Superbiam”. Un riferimento all’eroe biblico ma anche un segno penitenziale. Il dipinto risulta essere nella collezione del Cardinale con certezza dal 1613, quando venne ordinata una cornice. È possibile che sia stato inviato al Cardinale da Caravaggio come richiesta di grazia e che a questo fine manifesti il pentimento e l’angoscia dell’artista.

Scipione Borghese scrisse a Caravaggio che avrebbe interceduto per la grazia e gli chiese di portargli a Roma altri quadri. Caravaggio si imbarcò da Napoli confidando nell’aiuto del cardinale, portando con sé il San Giovanni Battista oggi alla Galleria Borghese e altri due dipinti, un altro San Giovannino e una Maddalena in estasi. I quadri arrivarono a Roma e il Cardinale se li contese con la marchesa Colonna. Ma Caravaggio era morto il 18 luglio 1610 su una spiaggia maremmana, come scrisse Baglione. Durante il viaggio era stato sbarcato a Palo, probabilmente per accertamenti, ma la feluca che lo trasportava aveva ripreso il mare. Qui la vicenda si fa piuttosto confusa: Caravaggio, forse già ammalato, avrebbe provato a raggiungere la nave con i suoi dipinti a bordo, forse su una piccola barca, difficilmente a piedi. A Porto Ercole sarebbe crollato stroncato dalle febbri. C’è chi ipotizza che possa essere stato assassinato da uno dei tanti nemici che aveva accumulato nella sua breve esistenza, fra cui i Cavalieri di Malta. Certo è che del suo corpo non c’è più traccia, né sono certe le circostanze della morte.

È morto come è vissuto e come ha dipinto: avvolto in ombre dense squarciate da lampi di luce tagliente.

 

 

 

 

 

 

 




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