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Veduta dell’allestimento della mostra Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura.

Nel 2020 la Danza campestre di Guido Reni è stata riacquisita alle collezioni della Galleria Borghese dopo una dispersione durata secoli. Attorno a questo importante rientro ruota l’esposizione di oltre trenta dipinti, per gran parte dell’artista bolognese ma anche dei maestri, colleghi, sodali, amici, che con lui condivisero gli anni giovanili e cruciali del primo soggiorno romano: Annibale Carracci, Domenichino, Francesco Albani, Paul Bril. Sono anni, tra il 1601 e il 1614, nei quali egli pratica la pittura di paesaggio – finora poco riconosciuta al suo catalogo e che qui manifesta esiti sorprendenti – insieme allo studio appassionato dell’antico e del Rinascimento, alla conoscenza profonda e stupefacente dei quadri di Caravaggio, alla costruzione di relazioni durature con i grandi committenti del suo tempo, Pietro Aldobrandini, Paolo Emilio Sfondrati, Scipione Borghese. 

Nella Loggia del Lanfranco, al piano Pinacoteca della Galleria, prendono posto i dipinti che ci parlano del Guido paesaggista, della sua Danza innanzi tutto – singolare scena di ballo tra contadini e signori ambientata in una radura sotto le montagne – in relazione a esemplari di contesto che offrono l’opportunità di valutare la sua esperienza del soggetto campestre nel quadro della prima grande stagione della pittura di paesaggio a Roma. 

Guido è però figura magnificamente aperta agli enormi stimoli che, negli stessi anni, la città offriva e imponeva. È dunque indispensabile richiamare, tanto più in un museo a forte vocazione statuaria, la sua attrazione per la scultura antica, che oltre a esprimersi in citazioni puntuali si concretizza anche come posizione forte nello spazio, consistenza gestuale, espressività dei volti, nella Strage degli innocenti, in Paolo rimprovera Pietro penitente, o in Atalanta e Ippomene al piano sculture del museo. 

Sullo stesso piano, nel Salone d’ingresso, prende posto infine la sua declinazione della pala d’altare, tipologia pittorica sacra che in quel periodo riscuote un rinnovato interesse e che trova una sistemazione compositiva nella solennità, nella dimensione imponente. A questa novità Guido risponde con figure gigantesche e potenti, impegnate in martirii e assunzioni e capaci di toccare gli animi, apparentemente anomale in uno spazio a tal punto profano e invece accolte, nel loro essere così chiare e comunicative, dalla natura versatile del luogo per come Scipione lo concepì, spazio privato per desideri grandiosi.
 




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