Una notte nera come la pietra
Vari pittori, italiani e stranieri, come Hans Rottenhammer e Filippo Napoletano usarono il colore scuro di lavagne e pietre di paragone per drammatizzare il contrasto con fuochi di incendi o di scene infernali. Questi soggetti, diffusi da pittori fiamminghi, ma in particolare dal tedesco Adam Elsheimer che dipingeva su rame, erano particolarmente in voga a Firenze alla corte di Cosimo II de’ Medici, e nel caso di Filippo Napoletano saranno sicuramente stati ispirati dalle scene di stregoneria di Jacob van Swanenburg viste a Napoli in gioventù. La loro atmosfera vagamente inquietante, sarebbe stata accentuata dal loro essere esposti in serie come nel caso dell’Incendio di Troia di Stefano della Bella e dell’Inferno con episodi mitologici di Vincenzo Mannozzi (esposto nell’ ultima sezione).
Nel dipinto di Cerquozzi, la lustratura della pietra, eseguita da uno specialista, è sfruttata per evocare la lucentezza del cielo notturno quando è investito dal chiarore lunare; Rottenhammer, tramite il supporto lapideo, allude a vari aspetti della storia di Lot e le figlie, dal loro rifugiarsi in una caverna, alla trasformazione della moglie in statua di sale.
Jacques Stella, che dipinge su tutti i tipi di supporti lapidei, crea una suggestiva immagine notturna di Giuditta, raccolta in preghiera prima di uccidere Oloferne. Il bagliore della candela dipinta la illumina e fa risplendere le trame d’oro dei tessuti, mentre la superficie specchiata della pietra riflette le vere luci dell’ambiente.