POESIA E PITTURA NEL SEICENTO. INTRODUZIONE A GIOVAN BATTISTA MARINO
“Di me in Roma son stati fatti mille ritratti”: così scrive GiovanBattistaMarino nel 1623, tornato nell’Urbe dopo un trionfale soggiorno parigino. I ritratti del poeta furono certamente molti e di autori eccellenti, come quelli perduti di Caravaggio, Simon Vouet, Guido Reni. Tra i superstiti spicca quello magnifico di Frans Pourbus che mostra il poeta orgoglioso con il libro, simbolo dei suoi successi e del suo ingegno poetico, lo strumento con il quale ha ottenuto la croce di Cavaliere.
Solo un anno dopo la morte del poeta, il fiorentino Francesco Furini avrebbe dipinto il ‘manifesto’ delle arti sorelle, il sodalizio tra Poesia e Pittura che informa tutta la produzione mariniana. Difatti, grazie ai sommi maestri del Rinascimento italiano, Leonardo, Raffaello,
Michelangelo, Correggio, Tiziano, la Pittura nel Cinquecento trionfa sulla Poesia, e di questa supremazia «danno eloquente testimonianza gli sforzi dei poeti di gareggiare con i pennelli nelle loro sensuali descrizioni» (Praz). Le ‘favole’ dipinte da Raffaello, Correggio, Tiziano, e più tardi Luca Cambiaso e Jacopo Tintoretto, ispirandosi ai miti descritti nei capolavori letterari dell’antichità, fecero la fortuna nel Seicento di queste ‘poesie’ figurate, che, come si vedrà nelle successive sezioni, nutriranno costantemente la vena poetica di Marino e guideranno i suoi appetiti di collezionista.