LA STRAGE DEGL’INNOCENTI
Accanto al Marino profano, c’è quello sacro, capace di dedicare versi splendidi ad argomenti religiosi. Il punto più alto è rappresentato da La strage de gl’Innocenti, un poemetto in ottave dedicato all’episodio del Vangelo di Matteo che narra la strage da parte di Erode di tutti i fanciulli ebrei nati in Galilea. In una lettera a Bernardo Castello, Marino chiede dei disegni all’artista, immaginando di realizzare un’edizione in cui i versi erano accompagnati da immagini. Tramontato il progetto illustrato, solo dopo il 1623 Marino penserà di pubblicare il poema, organizzando a tal fine pubbliche letture in Campidoglio, che suscitano l’ammirazione dei contemporanei. L’opera rimane però inedita, uscendo postuma solo nel 1632, con grandissimo successo.
Per la descrizione della strage, che Marino immagina in confronto con un quadro del Cavalier d’Arpino, il poeta si appoggia da un lato all’ininterrotta tradizione figurativa cinque e seicentesca, dal modello di Raffaello tradotto a stampa da Marcantonio Raimondi fino ai capolavori di Giovan Battista Paggi e Guido Reni, dall’altro agli esempi letterari, e in particolare all’Umanità di Cristo di Pietro Aretino.
La stampa di Raimondi e il frammento pittorico di Paggi sono alcune tra le fonti che alimentano la fantasia di Marino, all’insegna di un principio estetico che intreccia orrore e diletto. Le opere di Poussin e di Testa attestano la vitalità del tema nell’arte del Seicento, una fortuna cui avrà certo contribuito proprio la pubblicazione del capolavoro mariniano.