Antico e allegoria
Il Cavalier d’Arpino dipinse ripetutamente il mito di Perseo e Andromeda, su qualsiasi supporto e sovente su pietra, a cui il mito si ben adatta: la fanciulla, che l’eroe quasi scambiò per una statua, era legata allo scoglio e in seguito Perseo usò la testa della Medusa per pietrificare i suoi nemici. Questo mito dunque, è inscindibile dal supporto lapideo. Il piccolo dipinto nella collezione Pajelu, databile stilisticamente ai primi anni Novanta del Cinquecento, è uno dei primi esempi di dipinti su paesina, oltre a essere uno dei primi a rappresentare su pietra una narrazione derivata dalla mitologia. I pittori veronesi, Alessandro Turchi e Pasquale Ottino, furono invece antesignani nell’associare soggetti profani alle pietre scure, spesso associandole a vicende tragiche, di morte e resurrezione. Cruento è l’episodio di Medea che, per ringiovanire Esone, sostituisce il suo sangue con una pozione magica ottenuta da potenze infernali. Memoria, intelletto e volontà, raffigurate nel dipinto di Turchi, rappresentano le tre facoltà donate da Dio all’uomo al momento della sua creazione per avvicinarlo al mistero. L’Intelletto è in piedi su una lastra di pietra, così come di pietra è la tavola che regge. L’attributo della Memoria è uno specchio, che in questo caso allude anche alle qualità riflettenti della pietra lucida, che sospende le figure nel vuoto, rafforzandone il carattere di apparizione allegorica.