Azzedine Alaïa. COUTURE/SCULPTURE
Con questa mostra Galleria Borghese intende proseguire il progetto espositivo che pone la scultura di epoche diverse, di materiali diversi e di artisti di differenti epoche a confronto con la collezione di “statue” della Villa che è, per antonomasia, la casa della scultura.
Le mostre programmate alla Galleria Borghese negli ultimi anni sono state concepite in alternanze storico-filologiche e contemporanee, con l’intento di indagare non solo le opere scelte della collezione. È la fisionomia stessa della Galleria che ha assunto la personalità di luogo principe dell’opera scultorea; e quest’ultima come una entità in sé, un magma in attesa di forme, lungo un tempo storico che prosegue nella contemporaneità.
Con la mostra, questa vocazione scultorea entra nella multiformità delle varianti che offre il Museo e negli incandescenti contrasti di cui vive la variante del tutto inedita della “scultura soffice”.
Su questa scena di materia modellata in scultura che è la Galleria Borghese, fatta di marmi dai bianchi molteplici e colori diversi, pietre anch’esse di varia cromia, gessi, bronzi variamente patinati e cromati, irrompe la Couture Sculpture di Azzedine Alaïa. Le opere sono collocate all’interno delle sale in coerenza tematica, coloristica, formale con le opere presenti nelle sale stesse, in modo da realizzare una continuità tra esse e il racconto della collezione. Questo inserimento suscita molte inedite attinenze. Nella Galleria Borghese si realizza una messa in scena della couture di Alaïa, che si accorda col tempo anomalo e potenziale del Museo, che è un po’ come il tempo del teatro: sospeso, in attesa del proprio avvio, potenziale, dormiente e silenziosamente sonoro in attesa della propria vita scenica. La mostra è la sua trasformazione in atto, assumendo il tempo rapido o lento dei modelli di Alaia, e mette in scena l’intero museo.
Il fatto che, nel suo complesso, il lavoro di Alaïa possa configurarsi come materia (tessile o di cuoi e pellami, metalli accessori e quant’altro) in attesa di essere da lui aizzata e domata in immaginazioni di forme, intese quali fibre in tensione, già induce alla necessità di questo suo esordio nel luogo privilegiato della scultura.
Nell’opera di couturier di Alaïa e dalla sua qualità di attenzione alle forme emerge una celebrazione del corpo, di cui la Galleria Borghese può risultare la sede ideale, in quanto luogo storico di prodezze continuamente nuove delle tecniche che trasformano le materie della scultura.
Ciascun autore presente in Galleria nella celebrazione del corpo implicita nella scultura, dall’antichità a Canova, fa “girare” un tessuto di marmo, o quale che sia la pietra, attorno a un corpo, maschile o femminile che sia; ciascuno plasma la nudità del corpo scolpendo pieghe di vesti o di qualsivoglia panno, ciascuno sa sedurre l’osservatore, ciascuno sa fare “craquer les hommes”, cosa cui Alaïa svela di aspirare con l’effetto dei suoi abiti indossati dal suo mito femminile: schiantare gli uomini.
La “scultura soffice” di un creatore di abiti, accende quindi l’attenzione su come ogni poetica di scultore barocco e post barocco contorca lo sguardo dell’osservatore con la propria novità e il proprio effetto, lo ribalti e lo evolva in seduzione tramite l’individuale maniera dei dettagli stilistici, come i personali modi di rilevare in riccioli la capigliatura, o di piegare le vesti, o contrastarle con le carni, o esaltare la curva delle reni, la pressione di una mano sulla carne, la plastica dei glutei. Questa mostra è generata dal rapporto tra Alaïa e la Galleria Borghese. Ma questo rapporto rivela anche molto della tecnica creativa del maestro. Infatti anche nella Galleria Borghese, un museo e quindi obbligatoriamente luogo di oggetti statici, Alaïa non toglie lo sguardo dalle figure vive. Pertanto risulta difficile capire in quale momento abbia così attentamente osservato e assimilato le sculture esposte, i dipinti, i colori e le luci di ogni sala, il carattere individuale di ogni loro spazio, perché i suoi occhi non lasciano mai la preda umana.
Infatti, lo sguardo di Alaïa, vivace, fulminante, instancabilmente inventivo, sembra non spostarsi mai dal corpo e dalla immaginazione della donna reale, come se non smettesse di ricercarne la seduzione e modellarne la sembianza in idolo. Anche l’effetto della Galleria, dei suoi spazi e della sua scultura, si è trasformato in invenzione seduttiva, in esaltazione della donna e nell’immaginazione di plasmare al suo corpo tutte le risorse del materiale, che sia tradizionale o sperimentale, nobile o modesto, questa volta stimolato dai colori e dalle materie del museo.
Della Galleria ha percepito l’esorbitanza di scultura come una mitizzazione del corpo e l’arte scultorea come un modo progressivo nel tempo di scoprire il corpo, di liberarlo dall’ombra, un modo altrettanto sovversivo di quel lavoro di seconda pelle del corpo che per lui è l’abito. Questo il processo che ha determinato la scelta dei modelli esposti e l’invenzione di quelli specialmente eseguiti per la mostra.
L’estro di Alaïa nel modificare corpi e profili col suo gioco di taglio configura, qui, un contrasto di forbici contro scalpello.
Non c’è da aggiungere altro al contrasto che – tra gli abiti di Alaïa e le innumerevoli sculture esposte nella collezione – nella Galleria è giocato al meglio.