La sala di Elena e Paride, insieme a quella Egizia, fu l'ambiente che riscosse maggiore successo al tempo della decorazione settecentesca della palazzina, per la partitura decorativa delle pareti e gli ornamenti del mobilio, che costituivano uno dei più precoci esempi romani di rielaborazione dell'antico.
La sala raggiunse la massima notorietà quando vi fu esposta, dal 1838 al 1881, la statua di Paolina Bonaparte (1780-1825) nelle vesti di Venere vincitrice. Il capolavoro di Canova divenne il completamento ideale di quello che era già stato uno degli ambienti più celebrati per la squisita impronta neoclassica.
Il pittore e antiquario scozzese Gavin Hamilton (1723-1798) eseguì la decorazione della volta tra il 1782 e il 1784, ispirandosi all’Iliade. Al centro è la Morte di Paride tra Satiri e Ninfe, ai lati il Giudizio di Paride, Paride riceve lezioni di musica da Amore e Venere offre Elena a Paride che con il Ratto di Elena e la Morte di Achille vennero sostituite con quelle di Vincenzo Camuccini e Giovanni Piancastelli ( i due originali già trasferiti nel 1891 nel Castello Borghese di Pratica di Mare, si trovano oggi presso il Museo di Roma). Le partiture decorative della volta furono eseguite da Giovan Battista Marchetti (1730-1800).
La decorazione scultorea della sala fu realizzata da Agostino Penna (1728-1800), e Vincenzo Pacetti (1746-1820). Quest’ultimo è l'autore del camino in giallo antico, con decorazioni in bronzo di Antonio de Rossi (1782), e dei quattro rilievi sovrapporta, sempre in giallo antico, rappresentanti le divinità coinvolte nella guerra di Troia (Giove, Venere, Marte e Apollo).
Fra i dipinti esposti alcuni fra i più noti come la Caccia di Diana e la Sibilla di Domenichino (1581-1641); Enea che fugge da Troia e il San Girolamo di Federico Barocci (1535-1612). Si segnalano inoltre due tele di Giovanni Lanfranco (1582-1647), Giuseppe e la moglie di Putifarre e Norandino e Lucina nella tana dell’orco.
Al centro è la statua di Giovane mora con fanciullo e cane, in marmo bianco e nero antico e pietre dure, già riferita a Nicolas Cordier (1567-1612) e oggi attribuita alla bottega di Giovan Battista della Porta.