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Guido Reni, Autoritratto, 1601, olio su tela, 64.5 x 52 cm. Londra Collezione privata

Guido Reni nasce a Bologna nel 1575, da Daniele Reni musicista e maestro della Cappella di San Petronio, e Ginevra Pozzi.  Nel 1584 abbandonati gli studi di musica entra come apprendista nella bottega del pittore fiammingo Denijs Calvaert, dove incontra altri artisti destinati a grande successo, i giovani Francesco Albani e Domenichino. Nel 1594 lascia questa bottega per accedere all’Accademia degli Incamminati, la scuola di pittura fondata dai Carracci nel 1582, dove approfondisce lo studio della pittura a olio e dell’incisione a bulino. 

Nel 1601 è indicato il suo primo soggiorno a Roma, chiamato dal cardinale Sfondrato per realizzare a Santa Cecilia in Trastevere il Martirio di santa Cecilia, l’Incoronazione dei santi Cecilia e Valeriano e la copia del dipinto dell’Estasi di Santa Cecilia con quattro santi di Raffaello, oggi a San Luigi dei Francesi. Nel 1602 torna a Bologna per i funerali di Agostino Carracci, per i quali incide a stampa le decorazioni. 

Al 1605 risale un’altra importantissima opera romana, La crocefissione di san Pietro, realizzata su incarico del cardinale Pietro Aldobrandini per la chiesa di San Paolo alle Tre Fontane e oggi alla Pinacoteca Vaticana: secondo il Malvasia, sarebbe frutto di un suggerimento del Cavalier d’Arpino per danneggiare il Caravaggio, autore dello stesso soggetto in Santa Maria del Popolo. 

La fama di Guido Reni è ormai consolidata al punto che nel 1608 ritorna a Roma e papa Paolo V Borghese gli affida la decorazione della Sala delle Nozze Aldobrandini e la Sala delle Dame nei Palazzi Vaticani, mentre il cardinale Borgherini gli commissiona gli affreschi di San Gregorio al Celio, il Martirio di sant’Andrea e l’Eterno in gloria. Tra il 1609 e il 1610 si colloca un altro importante incarico papale a Roma, la decorazione della cappella dell’Annunciata nel palazzo del Quirinale, compiuta, fra gli altri, con Francesco Albani, Antonio Carracci e Giovanni Lanfranco. Altra committenza Borghese in quel volger di anni è la cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, il cui limitato intervento dell’artista si colloca tra il 1610 e il 1612.

Direttamente per il cardinale Scipione realizza l’affresco dell’Aurora nel Casino al Quirinale – oggi Palazzo Pallavicini Rospigliosi – terminato nel 1614.

Da questa data l’artista lascia Roma e torna a Bologna, città in cui aveva già eseguito due dipinti epocali quali La Strage degli innocenti, (1610, oggi Pinacoteca Nazionale, Bologna) e il Sansone vittorioso.

Nel secondo decennio del secolo realizza nella città emiliana, altre fondamentali pitture che diventano prototipo per numerose opere seicentesche come la pala detta Pietà dei Mendicanti nella chiesa di Santa Maria della Pietà, commissionata dal Senato bolognese, la Crocifissione, oggi alla Pinacoteca Nazionale, e l’Assunzione della Vergine di Genova, e nel 1615 la Gloria di San Domenico nell’omonima chiesa, iniziata nel 1613 e interrotta a causa dei frequenti viaggi a Roma. I lavori in corso necessitarono da subito della collaborazione di colleghi, assistenti e giovani praticanti: Malvasia arriva a parlare di duecento allievi, anche se il numero conferma soltanto la grande fama e il riconoscimento raggiunti.

Dopo brevi soggiorni a Mantova e a Napoli, è di nuovo a Roma nel 1625 dove realizza la meravigliosa pala della Trinità per la Chiesa dei Pellegrini e riceve numerose commissioni fra cui si ricordano gli affreschi mai realizzati delle Storie di Attila a San Pietro, commissionate dal cardinale Barberini, nipote del nuovo pontefice; il Ritratto del cardinale Bernardino Spada conservato nell’omonima Galleria romana, dono del pittore all’amico cardinale e legato pontificio a Bologna e l’iconico San Michele arcangelo che uccide il demonio su seta, per il cardinale Antonio Barberini, fratello di papa Urbano VIII, considerato un esempio di bellezza ideale per la chiesa dell’ordine a Roma. 

Muore “colto da febbri” nel 1642, a 67 anni ed è sepolto nella cappella del Rosario della basilica di San Domenico a Bologna.

 




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